“In Puglia abbiamo in ballo una delle sfide più urgenti e interessanti, cioè la decarbonizzazione dell’ex Ilva, la più grande acciaieria d’Europa”, ha detto il presidente Emiliano, illustrando il progetto finanziato dal Governo Draghi e promosso dal presidente di Acciaierie d’Italia Franco Bernabè per portare nell’ex Ilva la tecnologia Direct reduced iron (DRI).
“Il Governo Draghi ha acconsentito di realizzare i primi due forni a riduzione diretta, che non è in realtà una novità tecnologica assoluta, ma consentirebbe di fare a meno dell’utilizzo del carbon coke e quindi di cambiare il sistema produttivo dell’acciaio dal ciclo integrato alla riduzione diretta, mantenendo altissima la qualità.
Questo avrebbe come conseguenze sull’ambiente la riduzione delle emissioni quasi del 90%, e significherebbe evitare alla città di Taranto tutto quello che accade, che noi chiamiamo spolverio, quando cioè la città si colora di rosso per l’ossidazione del ferro, perché in maniera selvaggia sia il combustibile che il minerale ferroso vengono scaricati da navi all’aperto e caricati sui nastri trasportatori, un’operazione che inquina e che inoltre blocca tre moli su cinque del porto di Taranto, che è un porto importantissimo e che ha mezzi e pescaggi che potrebbero essere utilizzati per altro.
La riduzione diretta invece consentirebbe di prelevare da una nave in rada, attraverso un tubo aspiratore, le biglie di ferro che poi vengono utilizzate per la produzione di acciai di qualunque tipo.
Ora per far funzionare i forni a riduzione diretta c’è ovviamente l’ipotesi del gas, che può essere un’ipotesi transitoria per passare poi all’utilizzo dell’idrogeno”.
E a questo proposito il presidente Emiliano ha ricordato i conflitti ideologici avvenuti nel passato con ambientalisti e industrialisti, ma anche il fondamentale appoggio del Governo Draghi.
“Gli industrialisti ritenevano che fosse impossibile arrivare a produrre acciaio con un metodo diverso da quello del ciclo integrato, gli ambientalisti sostenevano che la riduzione diretta non eliminasse completamente le emissioni e che quindi la fabbrica dovesse essere chiusa.
Vi posso solo far immaginare quale sia stato il conflitto politico che abbiamo dovuto vivere, ma se sono ancora qui evidentemente lo abbiamo superato, al punto che il presidente Franco Bernabè ha sostanzialmente già appaltato il progetto per la costruzione di questi due forni.
E soprattutto sta costruendo accordi industriali con produttori di energia elettrica e d’idrogeno per poter dar vita all’alimentazione dei forni a idrogeno, cosa che ovviamente rappresenterebbe l’optimum dal punto di vista sia industriale che ambientale. Tutto questo ha rappresentato un’occasione fondamentale per chiedere al Governo Draghi di fare del polo dell’idrogeno pugliese, in particolare tarantino, il progetto bandiera del PNRR pugliese.
Il Governo Draghi ha condiviso il nostro progetto, ci hanno assegnato una somma simbolica di più o meno una decina di milioni di euro, anche se ne servono ovviamente molti di più, e noi siamo pronti a collaborare anche con il Governo in carica, il quale non ha disdetto gli accordi che avevamo fatto con il Governo precedente anche se non li sta spingendo più di tanto”.
Necessaria quindi una riflessione sulla situazione attuale. “Sento dire che il Governo non vuole utilizzare gli 800 milioni del Just Transition Fund per la creazione del polo dell’idrogeno a Taranto.
Sento dire che si vuole rinviare la sperimentazione dell’idrogeno per le ferrovie regionali, per la quale in Puglia siamo pronti, e perciò sono molto allarmato. La settimana scorsa siamo stati a Bruxelles per presentare l’edizione tarantina del 2026 dei Giochi del Mediterraneo, che abbiamo deciso di organizzare a Taranto perché vogliamo lanciare un messaggio, attraverso i media dell’evento sportivo, sulla decarbonizzazione dell’area e sulla nostra piccola rivoluzione industriale per utilizzare l’idrogeno come fonte di alimentazione di una acciaieria.
Questi passaggi hanno indotto la Regione a predisporre atti normativi interni di grande rilievo e di grande modernità. E infatti penso che la Puglia sia una delle regioni più avanzate in Italia.
Ho però anche capito che il Governo in carica non ha una strategia per l’idrogeno in Italia. Ma sono fiducioso, dato che cinque anni fa abbiamo convinto l’Unione Europea che si potessero utilizzare finanziamenti pubblici per portare un cambio tecnologico nell’industria dell’acciaio e siderurgica, e abbiamo fatto concepire all’Ue il Just Transition Fund che per l’Italia andrà in parte al Sulcis e in parte a Taranto.”
“Non possiamo perdere la battaglia dell’hydrogen valley di Taranto perché investire nell’innovazione tecnologica del settore acciaio è centrale per risarcire la città del pesante tributo di morti che ha pagato, risolvendo un’emergenza ambientale e sanitaria – ha continuato Emiliano –.
Nello stesso tempo vorrebbe dire implementare la competitività e il progresso tecnologico, consentire un’immediata sperimentazione di brevetti in gran parte italiani sulla tecnologia DRI, ad esempio, e coinvolgere il mondo universitario pugliese per sviluppare la ricerca scientifica e la formazione delle competenze sull’idrogeno.”
“Io non faccio un ragionamento da ambientalista ma faccio un ragionamento da presidente di una regione che è inserita in un sistema capitalistico dove la competitività è centrale – ha concluso il presidente -.
E nel momento in cui noi dimostriamo al mondo di essere in grado di produrre acciaio con circa il 90% in meno delle emissioni riducendo i pericoli per la salute, l’Unione Europea, che ci finanzia, con facilità potrebbe stabilire che in Europa si possono commerciare solo acciai prodotti con queste tecniche e non con quelle utilizzate in Cina o in India, che hanno emissioni di 8-9 volte superiori con conseguenze gravissime per l’ambiente.”