
S.E. Mons. Giorgio Ferretti, crediti: foto di InsideCapitanata.it (RIPRODUZIONE VIETATA)
Foggia, 13 aprile 2025 – Omelia di S. Ecc. Mons. Giorgio Ferretti nella Domenica delle Palme Cattedrale di Foggia, 13 aprile 2025.
La solitudine del Signore è grande in questi giorni. Non è solo una solitudine fisica. Tanti si accalcano attorno a lui, ma nessuno ne comprende le parole. Nessuno lo ascolta. C’è grande confusione a Gerusalemme al suo arrivo, ma poi dove sono andati tutti quelli che lo osannavano? Quelli che agitavano rami di ulivo e palme al suo passaggio. Cosa vedevano in lui? Cosa volevano vedere? Un capo prepotente e violento che si sarebbe sostituito ad altri governati corrotti? Ad essi risponde Gesù “I capi delle nazioni le governano e coloro che hanno potere si fanno chiamare benefattori…Chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui cha sta a tavola? Io sto in mezzo a voi come colui che serve” (Lc 22,25-27).

La solitudine di Gesù è profonda, drammatica, perché gli uomini rifiutano la sua proposta di salvezza. Rifiutano un Dio che non è capriccioso, non favorisce i suoi prediletti, non guarda al mondo con prepotenza e dominio. Quegli abitanti di Gerusalemme ma anche i suoi discepoli, lo vorrebbero forte, duro, prevaricatore.
Gli urlano da sotto la croce: “Perché non salvi te stesso?”. Come può un Dio che non ha potere per salvare se stesso, salvare tutti? Dov’è la sua forza, le sue armi, i suoi eserciti? Gesù è solo nell’ora della passione e della morte, perché gli uomini rifiutano il suo sacrificio, che solo può salvarli. E noi fratelli cosa vediamo in quest’uomo oggi? Cosa abbiamo pensato di lui agitando i nostri rami in processione? Lo vediamo come qualcuno che può fare qualcosa per me? Perché è per questo che si omaggiano i potenti di questo mondo. Li si ossequia perché non si sa mai che possano migliorare la mia vita, mi possano dare qualcosa in cambio. In fondo solo gli sciocchi fanno qualcosa senza aspettarsi di ricevere in cambio. Questo pensa la folla che lo accoglie a Gerusalemme. Per questo non c’è da stupirsi se durante la passione nessuno sarà al suo fianco, nessuno gli darà conforto.

Gesù è visto come un potente in disgrazia, che non può fare più niente per me e quindi non merita in mio ossequio.
Nella settimana santa, Gesù è solo. Le sue parole non sono più ascoltate, non hanno più valore, perché è un vinto e merita di essere scartato. Anche i discepoli, gli apostoli, non trovano più in lui qual capo forte, che teneva testa agli scribi e ai farisei, che scacciava i venditori dal tempio. Dov’è il maestro forte? Vale la pena di essere discepoli di un vinto? Certo no. Giuda lo tradisce perché da Gesù non ricaverà più alcun beneficio.

Nel Getsemani gli apostoli estraggono una spada e colpiscono. Pensano come i ribelli zeloti con i romani: “abbiamo perso ma venderemo cara la pelle”. Ma quando Gesù li sgrida e urla in suo “Basta” di fronte alla violenza, allora non resta loro che fuggire. Infondo pensano che non è tradire. Forse è Gesù, ritengono, che ha tradito le loro aspettative. Non è il Messia potente che diceva di essere. E Gesù resta solo.
Chi rimane con Gesù? Alcune donne che non credono alla violenza; che non speravano nulla da Gesù, se non la sua compagnia, il suo perdono, la sua Misericordia. Sotto la croce restano le madri dei figli in guerra. Un ladro, sta morendo come Gesù sulla croce, non ha nulla da perdere ormai, non spera più nulla se non la presenza di Dio al suo fianco. Lui sta con Gesù. Come i malati a cui nessuna cura più farà effetto. Essi credono in Gesù perché comprendono che quello che importa è la sua presenza, il suo amore.

Un cireneo lo aiuta a portare la croce. È uno sconosciuto, come il Buon Samaritano, ma comprende che nella debolezza di quel nazareno c’è qualcosa di misterioso.
Quell’uomo venuto da Cirene, trova la pace del cuore aiutando un altro a portare la croce.

E noi fratelli, fuggiremo in questa settimana santa o staremo qui, sotto la croce? Per accompagnare Gesù nella sua passione, c’è bisogno di cambiare prospettiva sul mondo. Basta con la violenza! Basta con la prepotenza! Basta con la forza! Dobbiamo scendere nell’amore assoluto di Dio che si abbassa, si umilia, ama fino alla fine.
Solo il suo amore è più forte della morte e del nostro peccato. Solo un Dio che si natura nella debolezza può salvare un mondo perso dietro se stesso. Un mondo votato alla forza che si autodistrugge.
Liberiamoci dallo spirito di prepotenza, fratelli, e sapremo stare accanto a Gesù in questa settimana di Passione. Non fuggiamo come i discepoli, non giudichiamo Gesù un debole. Solo la sua debolezza è la forza che salva!
(Nota stampa UCS)
Foto @Arcidiocesi Foggia-Bovino