Sulmona (AQ), 29 luglio 2023 – Stamattina, nel soffermarmi a guardare l’emozionante reazione che ha avuto un cane nell’osservare la sua padroncina malata di cancro, mi sono chiesto il motivo per cui la legge non ancora eleva a rango di figli quelli che sarebbe un eufemismo affermare far parte della nostra esistenza e quindi della società moderna.

Da uno studio fatto da Eurispes risulta che un terzo circa degli italiani posseggono un animale domestico e tra questi il 60% circa è rappresentato da cani.

 

Ora, al netto degli imbecilli che rendono ancor più lacerata la loro coscienza abbandonando senza scrupoli i loro fedeli animali pur di non mancare all’appuntamento con le vacanze estive e/o invernali a seconda che si scelga di stare al mare o a sciare, la stragrande maggioranza delle persone amano veramente e come se fossero dei loro figli gli animali che hanno deciso di adottare.


Quello che è dato sapere è che un disegno di legge volto quanto meno ad iscrivere l’animale da affezione nell’anagrafe familiare è stato messo su dall’onorevole Brambilla.

 

Se licenziato e trasformato in legge questa bellissima idea, avuta da una persona che ha sempre dimostrato attenzione per gli amici e non solo quelli a quattro zampe, consentirebbe il loro inserimento ufficiale nella famiglia anagrafica. E con tutto ciò che ne deriverebbe in ordine a diritti oltre che, ovviamente, ad obblighi.

Se ciò accadesse oltre ad un potenziamento del ruolo benefico del censimento che pur ha nell’ambito della tutela dell’animale, si aprirebbe una vera e propria porta alla possibilità di tutelarne l’integrità attraverso il riconoscimento del diritto ad esercitare nei loro confronti ciò che di solito viene riservato appunto ai figli.

 

Chissà, forse così facendo si potrebbe avere la possibilità di offrire una nuova visuale anche nei confronti di quegli animali, ad esempio, che in mancanza di una persona che ne gestisca la loro cura sono costretti a vivere in veri e propri lager sparsi qua e la sul territorio nazionale.

 

Cosa dire poi dell’impossibilità che sopraggiungerebbe nei confronti di quelle persone senza cuore di disfarsene con quella che oggi rappresenta essere un’operazione effettuabile con una disarmante facilità?

Cosa aspettare allora? Perché non offrire al genere umano, o almeno a una parte dello stesso, la possibilità di riscattarsi dalle schifezze che è stato in grado di realizzare nei millenni che lo hanno visto all’opera e che tutt’oggi sembra rappresentarne lo sport preferito?

 

Ai legislatori la possibilità di sciogliere finalmente la prognosi sull’ipocrisia che da sempre il genere umano ha dimostrato di avere nella cura del mondo.

 

 

(A cura di Mauro Nardella)

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